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Per un caso singolarissimo e che non perdo tempo a raccontarvi, ma che trova la sua giustificazione nella vita irregolare che conduco in questi giorni, scopro nella valigia i fogli che mi tenevo sicuro di avervi già mandati. Ve ne chiedo scusa; ma, buon Dio, come vi allarmate facilmente! La vostra lettera di questa mattina è disperata. Mi dite che state male, ma permettetemi di pensare che il vostro male risieda piuttosto nella immaginazione. Curatevi e state tranquilla. Dite che Elvira ha la mia fronte, i miei occhi e la mia bocca. Non sarà troppo compromettente questa somiglianza? Io giudico anche che non sia conveniente scriverci spesso. Il nostro amore fu una debolezza; altri lo potrebbero giudicare una colpa.

Ricordatevi pure di distruggere di volta in volta le mie lettere; io faccio altrettanto colle vostre. Quello che è stato è stato. Abbiamo avuto la fortuna fino ad ora di una assoluta impunità. Non affondiamo le nostre navi in vista del porto.


Anna lesse tutto ciò senza battere ciglio, immobilizzata dalla violenza stessa delle sensazioni che l’orribile lettura le suscitava. Sulle prime non aveva capito, poi aveva tentato di non capire; ma l’illusione era impossibile. Onde di gelo e onde di fiamma la investivano volta a volta.