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mente dal preconcetto supposto, perché, non si può a meno di notarlo, nella stessa memoria e per argomenti consimili, il Fabbroni si mostra dotato di un criterio analitico pro- fondo e proprio in soggetto alle alterazioni prodotte dalle azioni fisiche è chimiche sui colori.

Il calore delle dispute intorno all'encausto, che tiene luogo di argomentazioni presso tanti dei fautori della pittura a cera, non ha riscontro storico se non nella guerriglia dialettica combattutasi intorno alla origine della pittura ad olio. Dopo l’autorevole parere di Raffaello Mengs, che ritenne per affreschi quei cimeli dell’arte greco-romana, l’attenzione di tanta gente bisognosa di rinnovare i procedimenti pittorici colla cera, si trasportò sulle pitture murali del medio-evo. Da questo momento la confusione fra encausto, affresco, tempera e pittura ad olio diventa inestricabile. L’impossibilità di praticare analisi chimiche definitive sulle opere in questione, lasciò insolute tali dispute e campo larghissimo a mostrare che l’erudizione, la pratica dell’arte ed il criterio comune possono travolgere a grossolani errori appena che lo spirito sia occupato da un falso preconcetto.

In tentativi più recenti di pittura a cera o con surrogati della cera, giacché perdura sempre la fiducia di somministrare all'arte un modo di dipingere privo: delle difficoltà dell'affresco e degli inconvenienti del processo ad olio, nonché dotato di solidità superiore ad ambedue, si è fatto strada il sentimento di rimediare al lato difettoso dei primi studi con addizioni di materie insolubili ed opponentisi al calore ed agli attriti che sono i punti più deboli della cera; ma fino agli ultimi proposti, e ve ne sono di ieri, manca quel fondamento di esperienza e di utilità che devesi richiedere, tanto più sicuro quanto più grande è la pretesa che il metodo nuovo si imponga sui precedenti, e devesi