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l'encausto 41

quanti si conoscono, quasi a dimostrare che sostanzialmente non si era preoccupati dal pensiero dell’utile dell’arte, quanto dall'ambizione di essere chiamati scopritori dell’encausto.

Tre differenti modi di unire la cera ai colori distinguono l’encausto descritto da Plinio1, dei quali tre metodi, secondo i migliori interpreti, due per la difficoltà dell’esecuzione si impiegavano per piccoli dipinti, mentre il terzo, derivato dalla maniera di dipingere le navi, e lavoro principalmente di pennello, dette campo di estendere l’uso delle cere colorate sino alle più grandi pitture murali.

Il primo metodo, pel quale si adoperava uno strumento di ferro (rhabidion) schiacciato da un estremo in guisa di spatola ed acuminato dalla parte opposta, consisteva nel disporre le cere colorate a piccole porzioni secondo uno stabilito disegno, e questa specie di mosaico veniva poi modellato e fuso dallo stesso strumento convenientemente riscaldato all’una o all'altra delle sue estremità.

Il secondo metodo si vuole che fosse praticato incidendo l’avorio, coperto di uno strato di cera per mezzo del cestrum o veruculum, foggiato come un bulino, che scaldato abbruciava alquanto l’avorio messo poi di uno o più colori e infine verniciato di cera per mezzo del fuoco.

Ma veramente con molte ragioni spiega l'abate Requeno che si trattasse invece di una pura incisione su avorio ingiallito, nel quale i lumi si ricavavano raspando leggermente la tinta gialla che metteva a nudo il bianco sottostante, e le ombre fossero scavate e bruciate collo stesso stiletto rovente.

Il terzo metodo si ritiene fosse diviso in due operazioni

  1. Plinio, Storia naturale, Libro XXXV, cap. XI.