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prefazione 21

della oggettività pittorica, vi si connettono conquiste d'altro ordine quali le appartenenti alla fisica, oltre l'abbandono nel proprio campo di metodi e di tradizioni cementate da secolari autorità scolastiche o da immemorabile uso pratico.

Di qui la timidezza e l’inefficacia, e anche gli errori di tante opere moderne testimoni irrefragabili delle aspirazioni a nuovi orizzonti d’arte, ma prove altresì evidenti del persistente pregiudizio di sopperire coll’intuito o i formulari empirici, o peggio colla imitazione d'altri artisti, a quelle cognizioni, a quegli esperimenti, che si compendiano nel sussidio nuovo portato dalla scienza a benefizio dell’arte, dai quali solo può scaturire la potenzialità di interpretare gli effetti della luce e dei colori del vero con personale e razionale carattere.

Per quanto si è esposto nessuno, o ben poco profitto potrebbe ricavarsi dal considerare i procedimenti tecnici dal solo punto di veduta delle loro applicazioni nelle epoche storiche dell'arte, tentativo già fatto dall’Eastlake in modo forse insuperabile, eppure rimasto sterile di risultati pratici, non potendosi per tale via pervenire se non che ad uno di quei labirinti di erudizione controversa entro cui si aggirano invano l’acume criterio e il senso pratico dell'artista.

D'altronde non si vorrebbe prestare fede assoluta soltanto nei processi degli antichi, che fosse poi logico allontanarsi dai loro metodi di educazione artistica.

Ma non comportando i tempi nostri fare rivivere il tirocinio dei vecchi maestri è giuocoforza ricostruire analogamente quell’ordine di cose dal quale si possa ricavare analogia di conseguenze.

L'esercizio promiscuo delle arti che poneva l’antico apprendista a contatto del vasto materiale maneggiato dall'orefice pittore, scultore ed architetto, sviluppandone il