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20 prefazione

nuovo assunto della luce dell’aperto ha dato la più formidabile scossa all’ingente bagaglio tecnico che per tanti secoli rispose, e giova dirlo, efficacemente, a aggiungere l'ideale di forma e sentimento dominante l’arte antica, in tanta varietà di temperamenti da parere che costituisse, se fosse accettabile l’espressione, il corpo materiale stesso della pittura.

Una trasformazione incosciente si è manifestata coi primi saggi del diverso compito giacché i consueti artifizi dei larghi impasti, delle estese velature e dell’intenso ombreggiare, ritenuti necessari per ottenere rilievo, e diventati abitudine per continuo studio nell'ambiente chiuso, applicati all'aperto, annientino il senso di vibrazione luminosa che pure nell'ombra avviva ogni più minuta parte delle scene della natura.

Scomparsa ogni traccia di condotta metodica, frenata del pennello e respinti tutti i processi d'impaccio a cogliere rapidamente il momento espressivo del vero, una violenza di tocchi, una esagerata sovrapposizione di colori, una chiarezza biancastra, stridente, i più urtanti rapporti di tinte ci rivelano che la precisione del disegnatore, le raffinatezze del colorista, il sentimento del pittore cozzano contro un ostacolo che lo trova impreparato e sprovveduto a lottare.

Disegno, colore, espressione, tutto è soverchiato per lui dalla dominante ed indefinibile vibrazione della luce. Egli sente che al proprio fardello tradizionale di meccanismi tecnici, di combinazioni di colori manca qualche elemento necessario per tradurre la sensazione nuova che lo scuote: così come l'uomo moderno di fronte ai prodotti nuovi del suo genio inventivo meccanico od ai risultati delle sue indagini scientifiche cerca invano nel patrimonio della lingua i termini per contraddistinguerli.

Ma dal riconoscere una deficenza nei procedimenti tecnici al modo di provvedervi è lungo il passo quando, come è il caso