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14 prefazione

Aspertini1, cinto sino ai denti di vaselli e pignatte zeppe di colore; e poiché di ogni eccesso è suscettibile la natura dell’uomo, si nota di passaggio che l’amore della semplicità mantiene ancora, fra gli artisti, dei seguaci alla chimerica teoria dei tre colori fondamentali, vero perditempo per non riescire in pratica a ricavare dal giallo, dall'azzurro e dal rosso, col sussidio del bianco e del nero, tutte le gradazioni possibili di tinte.

Il principiante, ignaro dei risultati del miscuglio dei colori per addizioni od assorbimento di luci sopraccarica la tavolozza di quanti colori produce l'industria, nella speranza di cogliere più facilmente gli effetti dei colori del vero o vedersene suggeriti i componenti.

A lui è ignoto il meraviglioso lavorio fisio-anatomico dell'artista all'atto di ogni colpo di pennello, l’osservazione e il ricordo dell'oggetto che vuole raffigurare, la ‘scelta dei colori per ottenere rapidamente il tono voluto, la precisione della quantità da cogliere d’ogni colore con un colpo misurato dalla tavolozza, tenendo calcolo sino dei rimasugli di tinta del colore precedente rimasto sulla punta del pennello, senza nemmeno pensare di guardarlo; l'aggiunta di vernici, essenze, olî, se occorrenti, e infine la pennellata franca come un colpo di martello o lieve come la vellicatura di una piuma, scorrevole, insinuantesi nel modellato difficile di un volto e nelle più varie accidentalità del piano scabroso dell’abbozzo.

Quanto cammino da percorrere, quanti ostacoli da vincere, quanto spreco di materiali e di fatiche distanzia la mano che si è quasi identificata col pennello e il braccio che lo dirige, e l’impaccio visibile dell'inesperto pittore a cui il pennello casca perfino di mano, o s'intinge pesantemente

  1. Vasari, Vite.