Pagina:La tecnica della pittura.pdf/148


i colori degli antichi 139

serva giustamente M. Chaptal, che il calore delle ceneri cadute su Pompei dovevano avere un debole calore.

Il terzo colore giudica un rosso ordinario prodotto dalla calcinazione del giallo già descritto, ed il quarto un bianco leggero, fine e compatto coi caratteri di una pomice.

Gli altri tre colori, un bell'azzurro intenso, un azzurro pallido ed un rosa, richiesero un'accurata analisi per stabilirne la composizione.

L'azzurro intenso in piccoli pezzetti di eguale forma, ma di colore più pallido all'esterno che nell'interno, all'azione degli acidi idroclorico, nitrico e solforico produceva una leggera effervescenza, ravvivandosi ad una ebullizione prolungata, ciò che secondo M. Chaptal, esclude potersi trattare di oltremare che sarebbe rimasto distrutto da quegli acidi. L'ammoniaca pure si mostrò senza azione su di esso e, sottoposto al cannello ferruminatorio, anneriva trasformandosi in una fritta di colore bruno rossastro col prolungare l'azione della fiamma. Trattata colla potassa sopra il platino si vetrificò colorandosi in verde, passò al bruno e finì col prendere il colore metallico del rame. Questa fritta si scioglieva in parte nell'acqua. In questa soluzione versato acido idroclorico, si formò un precipitato che l'acido nitrico dissolse colorando il liquido in verde, finchè coll'ammoniaca si ridusse al colore azzurro.

M. Chaptal concluse doversi ritenere questo azzurro un composto di ossido di rame, di calce e di allumina somigliante alla cenere azzurra per i suoi principii, ma diverso per le proprietà chimiche: non un precipitato ma una vera fritta e probabilmente di origine egiziana.

L'azzurro chiaro, corrispondente al numero sei, era una sabbia mescolata di grani biancastri, costituiti dagli stessi principii del colore precedente, salvo un eccesso di calce ed allumina.