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la tempera 121


La proporzione indicata dal Cennini, tanto tuorlo d'uovo quanto colore, rendeva impossibile lo sfumare le tinte impastandole col pennello, e tanto più nelle parti difficili da modellare, onde forzatamente dovevasi tratteggiare, sebbene non manchino esempi di opere tanto morbide e di un'unione di tinte così perfetta da equivalere i migliori impasti del processo ad olio, come mostrano Gentile da Fabbriano e Sandro Botticelli.

Il Vasari riteneva che in tempera non si potesse dipingere altrimenti che a furia di tratti, e consigliava di bagnare di dietro le tele per potere sfumare ad agio, rallentandosi in tal modo l'essiccamento dei colori. Ma, come osserva sir Eastlake, tale ripiego non sarebbe applicabile sui muri e sulle tavole; senza dire che il consiglio veniva troppo tardi, essendo la tempera completamente abbandonata all'epoca del Vasari.

Il Cennini non fa allusione alcuna a questa difficoltà della tempera, forse perchè l'universale uso del tratteggio e la lunga pratica portando l'abilità dell'artista ad una rapidità di esecuzione che non ci è più dato di concepire esattamente, riduceva una questione secondaria pei pittori d'allora il subito asciugarsi dei colori preparati col torlo d'uovo. L'uso sulle tempere di certi colori macinati ad olio, che allora si faceva seccativo cuocendolo al fuoco od al sole in modo da formare coi colori un composto estremamente ribelle al maneggio del pennello, doveva, per relazione, far sembrare scorrevole la tempera all'uovo, tanto più che anche il grande uso di fondi dorati, di aureole, di ornamenti e stucchi, tutti composti di ingredienti viscidi ed appiccicaticci in modo straordinario non poteva a meno di influire sull'abitudine alla resistenza per un lavoro che oggi potrebbe essere giudicato intollerabile.

Oltre il torlo dell' uovo si aggiungeva ai colori il latti-