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libertà d’azione. Una sola condizione è veramente necessaria e sufficiente, cioè le variazioni in un senso riescano a compensarsi con quelle che accadono in senso contrario.

È questo, diceva, il caso matematico, ed esso risponde per filo anche al caso della Statistica; e non soltanto per quello speciale che veniamo considerando, ma per ogni altro in generale, come già vi ho fatto ripetutamente sentire. Dappertutto voi v’incontrate in risultati che tengono per l’insieme, e che invece vengon meno se vogliansi applicare agli individui: appunto (si notava allora) perchè l’individuo versa in una sfera tutta sua propria, e tale che varia in modo singolare, al pari di lui medesimo.

E aggiungete che poco altresì rileva, dal punto di vista puramente statistico, quale sia il modo o la ragione propria di agire dell’individuo. Sia questo ragionevole o no, si lasci determinare da certi motivi, a suo discernimento, o agisca interamente a capriccio, senza motivo alcuno (per quanto è concepibile), al modo, per esempio, delle palle estratte a sorte da un’urna; ciò potrà bensì influire nell’essenza e nella forma concreta del risultato, oltrechè nella sua significazione morale od altra; ma quanto alla semplice circostanza generica che il risultato abbia a presentare una certa uniformità, una certa costanza relativa (nè qui si tratta di altro), questa è il prodotto necessario, matematico, dell’ipotesi che voi fate, ovvero delle condizioni sotto cui vi collocate di volta in volta: cioè che nell’intervallo non abbia variato per alcuna causa la composizione di quel tale sistema di elementi; e che si operi sopra un numero grande di casi consimili; tanto grande addirittura, che tutte le variazioni praticamente possibili, e di ordine puramente individuale, vengano fra loro a compensarsi.

È questa, dico, l’ipotesi fondamentale e la condizione pratica di tutto; tanto è vero che ogni costanza