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Duval. Ascoltatemi bene, o signora, e non prendete in sinistra parte quello che sono per dirvi.

Margherita. Oh, signore, tacete, ve ne prego. Voi volete al certo chiedermi qualche cosa di terribile... forse più terribile di quello che potrei immaginarmi. Oh! lo veggo, era troppo felice!

Duval. Margherita, non è già un giudice quello che ora sta dinanzi a voi; non è già colla collera sulle labbra che io vi parlo in questo momento, ma è un padre che viene a chiedervi una grazia, che a mani giunte vi scongiura di fare la felicità de’ suoi due figli!

Margherita. De’ suoi due figli!

Duval. Sì, Margherita. Ecco quello che mi conduce a voi. Io ho una figlia giovine, bella e pura come un angelo. Ella ama un gentiluomo ed è del pari riamata. Il matrimonio è stabilito fra le nostre due famiglie; ho scritto tale determinazione ad Armando; ma egli, occupalo soltanto per voi, non ha ricevuto le mie lettere. Avrei potuto morire, senza ch’egli l’avesse saputo. Or bene, mia figlia, la mia povera Rosa sta per entrare in una nobile famiglia che pretende che nulla vi sia di contaminato nella mia. Il mondo ha le sue esigenze, ed il mondo di provincia in ispecie. Per quanto onesta voi siate agli occhi d’Armando, ai miei fors’anche, non lo siete però agli occhi del mondo, che non vedrà in voi che il vostro passato, e che vi chiuderà spietatamente le porte. La famiglia dell’uomo che sta per divenire mio genero ha saputo il tenore di vita d’Armando; egli mi dichiarò di ritirare la sua parola, se Armando non promette di lasciarla. L’avvenire di una fanciulla che non v’ha