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una formula preparata, perchè io non m’aspettava al certo di vedervi in casa mia... Ebbene, leggete, o signore, leggete. (Gli dà le carte)
Duval. (legge) La vendita di quanto possedete, coll’obbligo di pagare i vostri creditori e di rimettervi quello che avanza... (Guardandola) Dio mio! mi sarei ingannato?
Margherita. Sì, o signore, voi vi siete ingannato, o piuttosto vi hanno ingannato; però, è vero, io sono stata pazza... Il mio passato è triste, ma da che amo darei metà del mio sangue per cancellarlo. Oh! per quanto v’abbiano detto di me, per quanto siate mal prevenuto a mio riguardo, non credetemi tanto colpevole; compiangetemi piuttosto, perchè forse lo merito. Amo Armando, sono tre mesi che l’amo e sono felice; voi che siete suo padre, dovete essere buono come lui, ed io ve ne supplico; non parlate male di me in sua presenza; egli che vi ama tanto vi crederebbe, ed io pure vi amo di già, perchè siete suo padre.
Duval. Perdonate, o signora, il tratto incivile che usai verso di voi nel presentarmi in casa vostra; io non vi conosceva ed ignorava quali nobili sentimenti chiudete nel fondo del vostro cuore... io arrivava sdegnato pel lungo silenzio di mio figlio e per la sua ingratitudine, della quale accusava voi sola. Ve ne chiedo perdono.
Margherita. Quanto siete buono!
Duval. Ed è in nome di questi nobili sentimenti che io vengo a chiedervi, per la felicità di mio figlio, un sacrificio forse più grande di quello che avevate fatto.
Margherita. Mio Dio!