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spetto dovuto al padre di Armando, vi ripeto che v’ingannate.
Duval. Se è come voi dite, che cosa significa questa lettera del mio notaio, che mi avvisa che Armando vuol vendere i beni lasciatigli da sua madre?
Margherita. V’assicuro che, se Armando ha quest’intenzione, l’ha fatto senza prevenirmene, perchè se mi avesse fatta una simile offerta, egli sa che l’avrei rifiutata.
Duval. Però non avete sempre agito così.
Margherita. È vero, ma allora io non amava.
Duval. E adesso?...
Margherita. Oh! in oggi è un’altra cosa... in oggi io ho in orrore il mio passato, e vorrei mi restasse tanto tempo di vita per poterlo espiare... Ascoltatemi, o signore; io so bene che si dura fatica a prestare fede a’ giuramenti di una donna... ma per quanto ho di più caro al mondo, vi giuro che io ignorava quanto ora voi siete venuto a dirmi.
Duval. Eppure bisogna bene che viviate di qualche cosa.
Margherita. Voi mi forzate a dirvi quello che avrei volentieri taciuto; ma siccome innanzi tutto è la vostra stima che voglio acquistarmi, parlerò. Dal giorno che conobbi nostro figlio, poichè un amore così possente non l’aveva mai provato, ho impegnato e venduto gran parte di quello che possedeva: sciarpe, diamanti, gioielli, carrozza e cavalli; e quando poco fa mi dissero che vi era un signore che chiedeva di me, ho creduto fosse un procuratore, che doveva incaricarsi della vendita delle mie mobilie; e se ne dubitate, prendete: voi non s’apporrete che anche questa fosse