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Margherita. Ma dopo soltanto; non è così?
Armando. Che volete, Margherita? quando vidi scendere il conte di carrozza, quando compresi che era per lui che m’avevate congedato, divenni pazzo e vi scrissi. Quello che abbia scritto l’ignoro io stesso; ma quando in luogo di ricevere una risposta, in luogo di udire le vostre discolpe, non pronunziaste che una sola parola: Va bene!... fu ben peggio ancora... Chiesi a me stesso che cosa ne sarebbe avvenuto di me, se non avessi più dovuto rivedervi; ho sentito un vuoto nel cuore ed ho creduto morire. Oh! non dimenticatevi, Margherita, che sebbene io non vi conosca che da quindici giorni, vi amo da due anni: obliate questo mio fallo, perdonatemi.
Margherita. Alzatevi, Armando... io non ho potuto condannarvi e vi aveva di già perdonato; ma nel tempo che ritornava al nostro passato di quindici giorni, approvava nel fondo del cuore la vostra saggia risoluzione.
Armando. E quale?
Margherita. Quella di partire.
Armando. Partire!
Margherita. Sì, o Armando, è necessario.
Armando. E voi lo dite?
Margherita. È necessario non solo per voi, ma eziandio per me. Un giorno avevo detto a me stessa. Un po’ di calma non potrà che farmi bene; egli prende interesse per la mia salute, e se avessi i mezzi per passare un mese, due mesi con lui in campagna, lontana da Parigi, nel fondo d’un bosco, allora mi chiamerei contenta, felice; al termine di quel tempo noi saremmo tornati a Parigi, ci saremmo stretta la mano, ed