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16 A. Mazzoleni

schiatta dalla curia romana, della cui potestà temporale Federico era stato cosí tenace oppositore1.

E proseguendo nei ricordi storici pei quali la casa dagli Hoenstaufen è ancora in relazione nelle pagine della D. C. colla Sicilia, chi non rammenta il commovente incontro del poeta col figlio di Federico, il ben nato Manfredi, che tenne il regno delle due Sicilie dal 1258 al 1266, fino cioè alla sconfitta di Benevento? pur dannato nell’Antipurgatorio a cagione della scomunica, sulla sua figura è sparsa così gentile commiserazione, che egli è completamente riabilitato in faccia alla posterità2.

La disfatta di Manfredi, quella di poco posteriore (1268) di Corradino a Tagliacozzo (Inf. XXVIII, 17) e la sua miseranda fine (Purg. XX, 68) assicurano alla casa Angioina la successione alla corona di Napoli e di Sicilia3; così Carlo I d’Angiò comincia quella mala signoria, che nel 1282 doveva muovere Palermo a gridar: «Mora, mora!» (Par. VIII, 73 sgg.). Nella quale occasione era corsa voce che papa Nicolò III si dichiarasse contro di lui, ricevendo denaro da Gian di Procida per favorire la congiura contro i Francesi (Inf. XIX, 99). Dan-



  1. Vedi infatti la chiosa di Benvenuto da Imola a questo passo. — Intorno alla sua lotta colla curia romana iniziata colla Legazia di Sicilia e intorno a lui come monarca e filosofo discorse il Vigo (Op. cit., in Riv. sicula, vol. II, pp. 502-507; cfr. M. Calì, La Sicilia nei canti di L. Vigo vol. II, pp. 99-107, Acireale, Donzuso, 1885). — Oltre l’errore commesso da Federico coll’incarcerazione di Pier della Vigna, Dante rammenta (Inf. XXIII, 66) il supplizio delle cappe plumbee, a cui condannava i rei di lesa maestà (vedi Poletto, Diz. dantesco, vol. II, p. 320 e note.)
  2. Dante ricorda ancora l’abbandono in cui lo lasciarono i baroni pugliesi (Inf. XXVIII, 16), lo loda per le doti di cui era ornato (Vulg. el. I, 12), e dice della sorte toccata alle sue spoglie (Purg. III, 127 sgg.); vedi G. Di Cesare, Storia di Manfredi re di Sicilia e di Puglia, Napoli, 1837; C. Galanti, in Lettere 1 e 14 della serie 2. (Ripatransone, 1882-84); T. Tenneroni, in Sommi pontefici della Campania Romana, Roma, 1888, p. 216, in L. Marti, Manfredi nella D. C., Lecco, 1889 e in Alighieri, 1889, I, 231-239 (cfr. C. Negroni, ivi, 1889, fasc. IV). — Il Vigo (Op. cit., in Riv. sicula, II, 511 sgg.) spende più pagine a mostrare l’influsso civilizzatore della casa Sveva.
  3. Vedi Carlo Merkel, L’opinione dei contemporanei sull’impresa italiana di Carlo I d’Angiò, Roma, 1889 (estr. dalle Memorie dell’Accad. dei Lincei, S. IV, vol. IV, 6. 1.)