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QUINTO 83


XXXV.


La terza insegna fu de’ Fiorentini
     Con cinquemila tra cavalli e fanti
     Che conduceano Anton Francesco Dini,
     284E Averardo di Baccio Cavalcanti.
     Non s’usavano starne e marzolini,
     Nè polli d’India allor, nè vin di Chianti:
     Ma le lor vittuaglie eran caciole,
     288Noci e castagne, e sorbe secche al sole.

XXXVI.


E di queste n’avean con le bigonce
     Mille asinelli al dipartir carcati,
     Acciò per quelle strade alpestre e sconce
     292Non patisser di fame i lor soldati:
     Ma le some coperte in guisa e conce
     Avean con panni d’un color segnati,
     Che facean di lontan mostra pomposa
     296Di salmerìa superba e prezíosa.

XXXVII.


Ma più di queste numerosa molto
     La quarta schiera e bella in vista uscía.
     La gran Donna del Po,12 tutto raccolto
     300Quivi di sua milizia il fiore avía.
     La ricca gioventù, superba in volto,
     Di porpora e di fregi ornata gía.
     Fiammeggia l’oro, ondeggiano i cimieri:
     304Passano i fanti armati e i cavalieri.

XXXVIII.


Tremila i cavalier sono, e due tanti
     Premon col piè della gran madre il dorso:
     Maurelio Turchi è il capitan de’ fanti;
     308E de’ cavalli il Bevilacqua Borso.
     Ma splende sovra questi e sovra quanti
     Vengono di Bologna al gran soccorso,
     Il magnanimo cor di Salinguerra
     312Che fa del nome suo tremar la terra.