Pagina:La secchia rapita.djvu/47

34 CANTO SECONDO


LXIII.


Poscia che passeggiata a parte a parte
     Ebber gli Dei quella città fetente,
     E ben considerato il sito, e l’arte
     504Del guerreggiare, e ’l cor di quella gente;
     A un’osteria si trassero in disparte,
     Ch’avea un trebbian di Dio dolce e rodente:
     E con capponi e starne e quel buon vino
     508Cenaron tutti e tre da paladino.

LXIV.


Mentre questi godean, dall’altro canto
     Pallade e Febo eran discesi in terra;
     E concitando gían Bologna intanto
     512E le città della Romagna, in guerra.
     Quanto è dal Reno al Rubicone, e quanto
     Tra ’l monte e ’l mar quivi s’estende e serra,
     S’unisce con Bologna, e s’apparecchia
     516Di gir coll’armi a racquistar la Secchia.

LXV.


L’intesero gli amanti, e alla difesa
     Prepararono anch’essi i lor vassalli.
     Bacco chiamò i Tedeschi a quell’impresa,
     520E andò fin in Germania ad invitalli.
     Essi quand’ebber la sua voglia intesa,
     In un momento armar fanti e cavalli,
     Benedicendo ottobre e San Martino,
     524E sperando notar tutti nel vino.

LXVI.


Marte restò in Italia a preparare
     La milizia di Parma e di Cremona.
     Venere disse che volea tentare
     528Di far venire un re quivi in persona:
     E passando dov’ Arno ha foce in mare,
     Si fe’ dalle Nereidi alla Gorgona
     Portar, e quindi all’isola de’ Sardi,
     532Ricca di cacio e d’uomini bugiardi.