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SECONDO | 31 |
LI.
Sfavillò Citerea con un sorriso
Che dicea, Bacia, bacia, anima accesa;
E gli diede col ciglio a un tempo avviso,
408Che sarebbe ita seco a quell’impresa.
Marte che ’n lei tenea lo sguardo fiso;
Avido di litigio e di contesa,
Vedendo ch’ella avea d’andar desío,
412Disse: Alla fè, che vo’ venir anch’io.
LII.
Gite voi altri pur dove v’aggrada;
Ch’io vo’ seguir della mia Diva i passi.
Dov’ ella volge il piè, convien ch’io vada,
416E quei di voi, ch’ella abbandona, lassi.
Per lei combatte questa invitta spada
E questa destra: ed or per lei vedrassi
Il Panaro gonfiarsi, e in atto strano
420Portar soccorso al Po di sangue umano.
LIII.
Sorrise Palla: ma con occhio bieco
Rimirollo Vulcan ch’era in disparte;
E disse: Empio sicario, adunque meco
424Comune il letto avrai per ricrearte?
E Giove stesso accorderassi teco
Nel vituperio di sua figlia a parte?
Per Stige, ch’io non so chi mi s’arresta
428Ch’io non ti do di questo in su la testa.
LIV.
E strignendo un martel ch’al fianco avea,
Sollevò il braccio, e di menar fece atto.
La manopola allor, ch’ in man tenea,
432Lanciógli Marte, e balzò in piedi ratto,
Sgangherato gridando: Anima rea,
T’insegnerò ben io di starti quatto.
Giove che vide accesa una battaglia,
436Stese lo scettro, e disse: Olà, canaglia;