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246 CANTO PRIMO


LX.


Alzano i marinai le vele e vanno
     Cercando aura che spiri, e nulla giova:
     Senz’aura il cielo, il mar senz’onda stanno;
     476Perduto è quaggiù il moto, o non si trova:
     Gettar gli schifi, e con fatica e affanno
     Cercan di rimorchiar le navi a prova;
     Ma sì stentata è l’opra e così lunga,
     480Che troppo ci vorrà pria che si giunga.

LXI.


Il Capitano allora in se raccolto
     Levò le mani e le preghiere a Dio,
     E disse: Alto Signor, tu che m’hai tolto
     484A custodir dal tuo avversario e mio;
     Tu che rompesti dianzi il nembo folto,
     E frenasti del mar l’impeto rio;
     Tu dammi or vento, e fa ch’io trovi il core
     488De’ cari servi tuoi tratto d’errore.

LXII.


Sull’ali della Fede in un momento
     Saliro i prieghi alla magion celeste;
     E ’l messaggier divin che stava intento
     492Al rio pensier della tartarea peste,
     L’aurate piume giù dal firmamento
     Spiegò succinto in luminosa veste,
     E ritrovò che gli angioli dannati
     496Nelle spelonche i venti avean legati.

LXIII.


Gli spiriti perversi avean creduto,
     Che sen gisse il Colombo all’Occidente,
     E che più non tornasse a dare aiuto
     500Alla perduta sua misera gente;
     Ma poi che ritornar l’ebber veduto
     Contra il furor che l’Aquilone algente,
     Nelle caverne lor frigide e vote
     504Legaro i venti e restar l’aure immote.