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DELL' OCEANO | 245 |
LVI.
Ma che farà con così poca gente?
Egli stesso nol sa, nè si sgomenta;
L’Isola gira, e di lontan sovente
444Manda uno schifo e gl’ animi ritenta;
Ma sorda sempre ai preghi suoi più sente
Farsi ogni orecchia; ogni speranza è spenta:
Onde alfin parte, e i legni in alto mare
448Porla il vento, nè più l’Isola appare.
LVII.
Qual Tortore che i figli abbia guidati
Fuora del nido in non sicura parte,
Poi che s’accorge de’ vicini aguati,
452O del periglio lor sospetta in parte,
Gli stimola a fuggir con dolci usati
Susurri, e va girando e torna e parte,
E quando vede alfin che nulla vale,
456S’allontana da lor spiegando l’ale;
LVIII.
Tal il Colombo infino all’altra aurora,
Col vento in poppa a piene vele corse;
Pregavanlo i compagni a far dimora,
460E gían piangendo e di lor vita in forse,
Quando calò le vele, e la sua prora
Tutto in un tempo all’Orìente ei torse,
Prese il vento per fianco, e diede segno
464Ch’ all’Isola tornar facea disegno.
LIX.
Ma del Settentrion la rabbia avversa
S’oppone, e ritornar non gli concede:
O se ritorna pur, sì l’attraversa,
468Che va girando, e tardo e lento ei riede.
Vince l’industria alfin l’aura perversa,
E già sicuro ha sovra il vento il piede;
Ma il vento ch’ottener non può la palma,
472Subito cessa e resta il mare in calma.