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DELL' OCEANO | 233 |
VIII.
E chiamando i Ministri, a’ quai commessa
L’aria avea d’Occidente e ’l mar profondo,
Grida lor furìando: E chi concessa
60Al Colombo ha la via del nostro Mondo?
Dunque d’un uomo vil l’audacia oppressa,
E sommersa del mar nel cupo fondo
Esser non può con tre legnetti frali?
64O ignominia degli Angioli immortali!
IX.
Se tornate quaggiù, spiriti indegni,
Senz’ averlo affogato entro a quell’onde,
O distornato almen sì ch’ a quei regni
68Non giunga mai che l’Oceano ascende,
Io vi farò provar l’ire e gli sdegni
Ch’ io serbo alle perdute anime immonde,
E legherovvi di catene eterne
72Tra ’l foco e ’l giel delle paludi inferne.
X.
Sì disse il Re dell’ombre, e ’l guardo fiero
Volgendo a Buccifar terror de’ venti,
Mostrò, ch’ a lui del suo crudele impero
76Toccassero le basi e i fondamenti.
Come nottole uscian per l’aer nero
Gli spiriti mal-nati ai rai lucenti,
E pareva che ’l Sole a quell’uscita,
80Ritirasse la luce impallidita.
XI.
Liete se gían le tre famose navi
Col vento in poppa in alto mar sicure;
Quand’ ecco si turbar l’aure soavi,
84E l’onde si turbar placide e pure
All’apparir degli empi spirti e pravi;
Parve ascondersi il ciel fra nubi oscure,
E i venti che dormian sopra l’arene
88Del mar, ruppero i ceppi e le catene.