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222 CANTO


LXVII.


A prima giunta in cento parti e cento
     Acceso fu ne’ palancati il foco.
     Crebbe la fiamma, e la diffuse il vento;
     540E l’inimico a quel terror diè loco.
     Urtano i Gemignani, e al vìolento
     Impeto loro ogni riparo è poco.
     Dall’altra parte i Padovani anch’essi
     544Hanno già i primi in sull’entrata oppressi.

LXVIII.


Varisone fratel di Nantichiero,
     Che Barisone poi fu nominato,
     Uccise Urban Guidotti, e Berlinghiero
     548Dal Gesso, e ’l Manganon da Galerato.
     Seco avea Franco, e ’l valoroso Alviero,
     E don Stefano Rossi, a cui fu dato
     Il cognome all’uscir di quel periglio,
     552Perchè tutto di sangue era vermiglio.

LXIX.


Al pretor di Bologna intorno stanno
     Tutti i primi guerrier del campo armati.
     Egli che vede la ruina e ’l danno,
     556E non può riparar da tanti lati,
     Esce da tramontana, e se ne vanno
     Di Castelfranco ai muri abbandonati,
     E si riparan quivi; e quivi accolte
     560Sono le genti rotte in fuga volte.

LXX.


Il popolo di Fano e di Cesena
     Restò, col fior de’ Milanesi, estinto.
     De’ Ravennati e Forlivesi appena
     564Fu ricondotto a Castelfranco il quinto:
     Preso il carroccio, ogni campagna piena
     Di morti, ogni sentier di sangue tinto.
     Gli alloggiamenti e la nemica preda
     568Restaro al fuoco e alle rapine in preda.