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DUODECIMO 211


XXIII.


Il Papa ch’è signor dell’universo,
     E del gregge di Dio padre e pastore;
     Veduto fra le cure ov’egli è immerso,
     188D’una favilla uscir cotanto ardore;
     Al ben comun da quel desio converso,
     Che spira e muove in lui l’eterno Amore,
     Pace vi manda, o vi dinunzia guerra,
     192Se voi la ricusate, in cielo e in terra.

XXIV.


Quello ch’io dico a voi, dico al nemico
     Vostro; che ’l Papa a tutti è giusto padre:
     E sebben voi per retto e per oblico
     196Foste sempre ribelli alla gran madre,
     E nuovamente all’empio Federico
     Congiunti avete e gli animi e le squadre;
     Non vuol però, che d’alcun vostro gesto
     200S’abbia memoria o sentimento in questo;

XXV.


E mi manda a trattar pace fra voi
     Con patti uguali; e mi comanda ch’io
     In armi debba aver fra un mese o doi
     204Diecimila cavalli al voler mio,
     Per rintuzzar chi sia ritroso ai suoi
     Santi disegni, al suo voler restio:
     E a Genova i contanti hammi rimesso;
     208E trenta compagnie già son qui appresso:

XXVI.


E promette di darmi il re di Francia
     Dodicimila fanti infra due mesi:
     Sicchè ’l fondarsi in altro aiuto è ciancia.
     212Nè più sia detto a voi, che ai Bolognesi.
     Il Papa sa che a correr questa lancia
     I danari di Dio fien meglio spesi,
     Ch’in erger torri, e marmi in sua memoria
     216D’armi e nomi scolpir, fumi di gloria.