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DUODECIMO 209


XV.


Mangiato ch’ebbe, stè sovra pensiero,
     Rompendo certi stecchi di finocchi:
     Indi venner le carte e ’l tavolino,
     124E trasse una manciata di baiocchi;
     E Pietro Bardi, e monsignor del Nero
     Si misero a giucar seco a tarocchi:
     E ’l conte d’Elci, e monsignor Bandino
     128Giucarono in disparte a sbaraglino.

XVI.


Poich’ebbero giucato un’ora e mezzo,
     Levossi; e que’ prelati a se chiamando,
     Con gusto andò con lor cacciando un pezzo
     132I grilli che per l’erba ivan saltando.
     Così l’ore ingannava, e al fresco orezzo
     La venuta del Nunzio attendea; quando
     Di persone e di bestie ecco un drappello
     136Guastò la caccia ch’era in sul più bello.

XVII.


Eran questi una man d’ambasciatori
     Da Modana mandati ad invitarlo,
     Con muli e carri e cocchi e servidori,
     140E molta nobiltà per onorarlo;
     Bench’avesse Innocenzio e i decessori
     Data lor poca occasìon di farlo,
     Essendo i Modanesi a quella corte
     144Esclusi da ogni onor d’infima sorte,

XVIII.


Non perchè avesse alcun mai tradimento
     Usato nel servir la santa sede,
     Ma perchè avean con lungo esperimento
     148A Cesare serbata ottima fede.
     Quel che dovea servir d’incitamento
     Per onorar di nobile mercede
     La costanza e ’l valor, servia d’ordigno
     152Per accendere i cor d’odio maligno.