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208 CANTO


XI.


E se non che la notte intorno ascose
     L’aurea luce del sol col nero manto,
     Imprese vi seguian maravigliose,
     92Ch’avrebbon desti i primi cigni al canto.
     Taciute avria quell’Armi sue pietose
     Il Tasso, e ’l Bracciolino il Legno santo:2
     Il Marino il suo Adon lasciava in bando,
     96E l’Arìosto di cantar d’Orlando.

XII.


Giunto a Genova intanto era il Legato;
     E il Nunzio da Bologna gli avea scritto
     Ch’egli sarebbe ad incontrarlo andato
     100Prima ch’ei fesse a Modana tragitto.
     Ma egli ch’allo studio avea imparato
     Che fa la maestà poco profitto
     Se le manca il poter, senza intervallo
     104Assoldando venia gente a cavallo.

XIII.


E ’l Papa già co’ Genovesi avea
     D’un mezzo milion fatto partito;
     Talchè sicuramente egli potea
     108Ragunar soldatesca a suo appetito.
     Ma il trascorrer qua e là ch’egli facea,
     Il trasse fuor del cammin dritto e trito,
     Finchè con lunga ed onorata schiera
     112Egli arrivò ne’ prati di Solera.

XIV.


Quivi stanco dal caldo e fastidito,
     Fermossi all’ombre, e d’aspettar dispose
     Il Nunzio a cui già un messo avea spedito
     116Per intender da lui diverse cose.
     Intanto i servi suoi sul verde lito
     Vivande apparecchiar laute e gustose;
     Ed egli in fretta, trattisi gli sproni,
     120Mangiò per compagnia cento bocconi.