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XXXI.15
L’oste dal Chiù, Zambon dal Moscadello,
Facea tra gli altri una crudel ruina:
Una zazzera avea da farinello,
252Senz’elmo in testa e senza cappellina.
Si riscontrò con Sabatin Brunello,
Primo inventor de la salciccia fina;
Che gli tagliò quella testaccia riccia
256Con una pestarola da salciccia.
XXXII.
Bordocchio intanto il fiume avea passato,
Soverchiand’ ogn’incontro, ogni ritegno;
Quando del Potta che venia fu dato
260Dalla torre a Gherardo e agli altri il segno.
Se n’avvide Bordocchio; e rivoltato,
Di ripassare a’ suoi facea disegno;
Ma nell’onda il destrier sotto gli cade,
264E rimase prigion fra cento spade.
XXXIII.
Quei ch’erano con lui dianzi passati,
Dal figlio di Rangon tutti fur morti:
E già gli altri fuggian rotti e sbandati,
268Del mal consiglio lor, ma tardi, accorti;
Quando in aiuto da’ vicini prati
Vider venir correndo i lor consorti
Che del Panaro alla sinistra sponda
272Passar più lenti, ov’è più cupa l’onda.
XXXIV.
Gian Maria della Grascia, un furbacciotto,
Ch’era di quella squadra il capitano,
Come vide fuggir dal campo rotto
276Quei di Bordocchio insanguinando il piano,
Rinfacciò lor con dispettoso motto
La fuga vile e l’ardimento insano;
E furioso i suoi quindi spingendo,
280Fe’ de’ nemici un potticidio orrendo.