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UNDECIMO | 197 |
XXXI.
La desìosa turba intenta aspetta
Che venga il Conte, e mormorando freme:
S’empiono i palchi intorno, e folta e stretta
252Corona siede in sulle sbarre estreme;
E dai casi seguiti omai sospetta
Che il Conte ceda, e la sua fama preme.
Quando a un tempo s’udir trombe diverse
256Da quella parte, e ’l padiglion s’aperse:
XXXII.
Ed ecco, da cinquanta accompagnato
De’ primi dell’esercito possente,
Il Conte comparir nello steccato
260Con sopravvesta bianca e rilucente,
Sopra un caval pomposamente armato,
Che generato par di foco ardente;
Sbuffa, annitrisce, il fren morde, e la terra
264Zappa col piede, e fa col vento guerra.
XXXIII.
Disarmata ha la fronte, armato il petto,
Nude le mani; e sopra un bianco ubino
Gli va innanzi Renoppia, e ’l ricco elmetto
268Gli porta, e ’l buon Gherardo il brando fino,
Il brando famosissimo e perfetto
Di don Chisotto; e ’l fodro ha il suo padrino:
A Voluce lo scudo, e seco accanto
272Roldan la lancia, e Giacopino un guanto,
XXXIV.
L’altro ha Bertoldo; e l’uno e l’altro sprone
Gli portano Lanfranco e Galeotto,
E ’l conte Alberto in cima d’un bastone
276La cuffia da infodrar l’elmo di sotto.
Ma dietro a tutti fuor del padiglione
L’interprete Zannin venia di trotto
Sopra d’un asinel, portando in fretta
280L’orinale, un’ombrella e una scopetta.