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DECIMO | 181 |
XLIII.
Gli va poscia di bocca ogni pensiero
Cacciando a poco a poco, e lo millanta:
Ed ei, com’è di cor pronto e leggiero,
348Si ringalluzza e si dimena e canta.
Gli scopre dell’interno il falso e ’l vero,
E del disegno rio si gloria e vanta.
Nota Titta ogni cosa, e lo conforta
352Ch’alcun non saprà mai chi l’abbia morta.
XLIV.
Era Titta per sorte innamorato
Della Moglie del Conte; e mentre fue
Nella città, con atti a lei mostrato
356L’avea, e con voci alle serventi sue.
Or che si vede il modo apparecchiato
Di far che resti il malaccorto un bue,
Scrive il tutto alla Donna, e in che maniera
360Il pazzo rio d’attossicarla spera.
XLV.
Lo ringrazia la Donna, e cauta osserva
Gli andamenti del Conte in ogni parte;
E informa del periglio ogni sua serva,
364Perchè sieno a guardarla anch’esse a parte.
Il Conte fisso già nella proterva
Sua voglia, tratto avea solo in disparte
Il medico Sigonio; e in pagamento
368Offertogli in buon dato oro ed argento,
XLVI.
Se gli prepara un tossico provato,
Cui rimedio non sia d’alcuna sorte;
Dicendo che di fresco avea trovato
372La Moglie che gli fea le fusa torte;
E ch’avea risoluto e terminato
Di darle di sua man condegna morte.
Lungamente pregar si fe’ il Sigonio,
376E alfin gli diè una presa d’antimonio.