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CANTO DECIMO 171


III.


E su questo pensier vaneggia in guisa,
     Che di Renoppia già si finge amante,
     E le bellezze sue fra se divisa
     28Cupidamente, e n’arde in un istante.
     Or ne’ begli occhi suoi tutto s’affisa,
     Or negli atti leggiadri, or nel sembiante;
     E come lusingando il va la speme,
     32Or gioisce or sospira, or brama or teme.

IV.


Moglie giovane e bella ei possedea:
     Ma ogni pensier di lei se n’è fuggito;
     E in questo nuovo amor s’interna e bea
     36Tanto, che pargli il ciel toccar col dito.
     Così la carne già, ch’in bocca avea,
     Sul fiume il can d’Esopo un dì, schernito,
     Lasciò cader nel fuggitivo umore,
     40Per prender l’ombra sua ch’era maggiore.

V.


Tutta la notte andò girando il Conte
     Le piume, senza mai prender riposo.
     E Febo già coll’infiammata fronte
     44Rimovendo dal ciel l’aer ombroso,
     Colta l’Aurora avea sull’orizzonte
     Ignuda in braccio al suo Titon geloso;
     Ond’ella rossa in volto, alzando il petto,
     48Colla camicia in man fuggia del letto:

VI.


Quand’ il Conte levato anch’egli, mosse
     Colà dove Renoppia era attendata,
     Cantando all’improvviso a note grosse
     52Sopra una chitarriglia discordata:
     E giudicando che la lingua fosse
     Di gran momento a intenerir l’amata,
     S’affaticava in trovar voci elette,
     56Di quelle che i Toscan chiamano prette.