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la
SECCHIA RAPITA
CANTO DECIMO.
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A Napoli sen va la Dea d’Amore,
E ’l principe Manfredi all’armi accende.
Al Conte di Culagna infiamma il core
4Renoppia che di lui gioco si prende.
Ei d’uccider la moglie entra in umore
Con veleno, e se stesso incauto offende.
Fugge la moglie al campo, e si procaccia
8D’amante, e fagli alfin le corna in faccia
I.
Il carro della notte era già fuora
Del cerchio che divide Affrica e Spagna;s1
E non dormiva e non posava ancora
12Il glorìoso Conte di Culagna.
Va tra se rivolgendo ad ora ad ora,
Con quant’onore in campo egli rimagna,
Poichè, mercè di sua felice stella,
16L’incantato guerrier tratto ha di sella.
II.
Quindi pensando alla cagion che spinto
Melindo avea sul favoloso legno,
Pargli non pur del ricco scudo vinto,
20Ma della bella Donna esser più degno.
Gli somministra il naturale istinto,
E la ragion del suo elevato ingegno,
Che poichè ’l campo il Cavalier gli cede,
24D’ogni onor, d’ogni premio il lascia erede.