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168 | CANTO |
LXXV.
Giunser del fiume in sulla destra sponda
Dove molti guerrier facean soggiorno,
Che subito che ’l nano uscì dell’onda,
604Gli furon tutti a interrogarlo intorno.
Egli che lingua avea pronta e faconda,
Fermando il piede: A voi disse ritorno
Per soddifsare alla comune voglia:
608State or a udir, nè alcun di me si doglia.
LXXVI.
Poichè della città cacciati foro
Gli Aigoni dal furor de’ Ghibellini,8
E ’l Conte di Vallestra capo loro
612Uscì cogli altri anch’ei fuor de’ confini;
Trovò per arte magica un tesoro,
E fe’ ne’ monti al suo castel vicini
Una grotta incantata, ove gran parte
616Del tempo stassi esercitando l’arte.
LXXVII.
Quivi un figliuol di tenerella etate,
Ch’unico egli ha, detto Melindo, ei tiene;
Le cui maniere nobili e lodate
620Destan nel vecchio padre amore e spene.
Questi uditi i costumi e la beltate
E ’l valor che mostrò su queste arene
Una Donzella in questo proprio loco,
624Arse per lei d’inestinguibil foco:
LXXVIII.
E con prieghi e sospir dal padre ottenne
Di comparire a far qui di se mostra;
Onde sull’isoletta in campo venne
628Armato a mantener la bella giostra.
Ma il timoroso vecchio a cui sovvenne
L’età ineguale alla possanza vostra,
Fece un incanto, ch’esser perditore
632Per forza non potea nè per valore.