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NONO | 167 |
LXXI.
E lo scudo porgendo al cavaliere:
Questo è il premio, dicea, del vincitore,
Tratto dalla colonna, e in tuo potere
572Lasciato al dipartir dal mio signore
Che per ragion di cortesia ti chere,
Che come l’hai dell’alto tuo valore,
Così ti piaccia ancor farlo avvisato
576Del nome e della patria onde se’ nato.
LXXII.
Ringalluzzossi il cavaliero, e al nano
Rispose: Al tuo signor riferir puoi,
Che la mia stirpe vien dal lito ispano,
580Ed è famosa oltre i confini eoi.
Quel don Chisotto in armi sì sovrano,
Principe degli erranti e degli eroi,
Generò di straniera inclita madre
584Don Flegetonte il Bel che fu mio padre.
LXXIII.
Questi in Italia poscia ebbe domíno,
E si fe’ in ogni parte memorando:
Solo alla gloria sua mancò Turpino
588Che scrivesse di lui, come d’Orlando.
Eroe non l’agguagliò nè paladino,
E sol cedè al valor di questo brando.
E perchè cosa occulta non rimagna,
592Digli ch’io sono il Conte di Culagna.
LXXIV.
Ma poich’ho soddisfatto al tuo desio
E t’ho dato di me notizia intera,
Resta ch’ancor tu soddisfaccia al mio
596In dirmi il nome e la sua stirpe vera.
Rispose il nano: Informerotti anch’io
Di quel che brami: usciam della riviera;
Che tanti cavalier che colà vedi,
600Bramano anch’essi quel che tu mi chiedi.