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XV.
Così andava all’impresa il cavaliero,
Dal fior della milizia accompagnato:
E spettacolo in un leggiadro e fiero
124Si vedeva apparir da un altro lato.
Cento donzelle in abito guerriero,
Col fianco e ’l petto di corazza armato,
E l’aste in mano, e le celate in testa,
128Comparvero in succinta e pura vesta.
XVI.
Venian guidate da Renoppia14 bella,
Cacciatrice ed arciera all’armi avvezza.
Renoppia di Gherardo era sorella,
132Pari a lui di valor di gentilezza;
Ma non avea l’Italia altra donzella
Pari di grazia a lei nè di bellezza:
E parea co’ virili atti e sembianti
136Rapir i cori, e spaventar gli amanti.
XVII.
Bruni gli occhi e i capelli e rilucenti,
Rose e gigli il bel volto, avorio il petto,
Le labbra di rubin, di perle i denti,
140D’angelo avea la voce e l’intelletto.
Maccabrun dall’Anguille in que’ comenti
Che fece sopra quel gentil sonetto,
Questa barbuta e dispettosa vecchia,
144Scrive ch’ell’era sorda da un’orecchia.
XVIII.
Or giunta in piazza, ella dicea: Signori,
Noi siam deboli sì, ma non di sorte,
Che non possiamo almen per difensori
148Guardare i passi e custodir le porte.
Queste compagne mie ben avran cori
Da gire anch’esse ad incontrar la morte:
Nè già disdice a vergine bennata,
152Per difender la patria, uscire armata.