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166 | CANTO |
LXVII.
La lancia lunga più d’ogn’altra avea
Due palmi, e una pantera in sull’elmetto:
Ma sospeso venia sì, che parea
540Ch’andasse a quell’impresa al suo dispetto.
Sonar le trombe, e ’l suon che gli altri fea
Dentro brillar, fa in lui contrario effetto.
Corre; ma sembra ai timidi atti fore,
544Portato dal destrier, non già dal core.
LXVIII.
Pur si ristrigne negli arcioni, e abbassa
La lancia in sulla resta, e gli occhi serra
In arrivando, e i denti strigne, e passa
548Come chi va sol per vergogna in guerra:
E a quell’incontro l’inimico lassa,
Con maraviglia de’ due campi, in terra.
Allor tutta s’udì quella riviera
552Gridar: Viva il campion della pantera.
LXIX.
Ed ei, maravigliando, al suon rivolto,
Vide l’emulo suo giacer disteso:
Onde di se per allegrezza tolto,
556Fermossi a riguardar tutto sospeso.
Ma l’abbattuto, all’infiammato volto
Mostrando il cor di fiero sdegno acceso;
Ratto risorse, e con un piè percosse
560La terra; e ’ntorno il pian tutto si scosse,
LXX.
E s’estinsero i lumi, e ’l padiglione
Sparve fra tuoni e lampi in un baleno,
E l’isoletta diventò un barcone
564Colmo di stabbio, di fascine e fieno.
Nè rimasero in esso altre persone,
Di tante onde pur dianzi era ripieno,
Che ’l cavalier vittorìoso, e un nano
568Ch’avea uno scudo e una lanterna in mano.