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144 | CANTO |
LIX.
Così mentre vezzosi atti e parole,
Guardi, baci, sospiri e abbracciamenti
Facean dolcezze inusitate e sole
476Agli amanti gustar lieti e contenti,
Levò la Diva l’uno e l’altro sole,
Accusando le stelle e gli elementi
Poichè con tanti e con sì lunghi errori
480Seguite avea le fiere, e non gli amori.
LX.
Misera me, dicea! quant’error presi
Quel dì ch’io presi l’arco, e ’n bosco entrai!
Quant’anni poscia ho consumati e spesi,
484Che di ricoverar non spero mai!
O passi erranti e vani e male intesi,
Come al vento vi sparsi e vi gettai!
Quant’era meglio questi frutti corre,
488Ch’a rischio il piè dietro alle belve porre!
LXI.
Or conosco il mio fallo; e farne ammenda
Vorrei poter, ma ’l ciel non mel consente:
Restami sol, che del futuro i’ prenda
492Pensier, di cui mai più non sia dolente.
Però l’aria, la terra e ’l mare intenda
Quel che di terminar già fisso ho in mente;
E la legge ch’io fo, duri col sole
496Sovra me stessa e la femminea prole.
LXII.
Io stabilisco che non copra il cielo
Ch’io governo, mai più femmina bella
(Eccetto alcune poche ch’io mi celo,
500Che fien di me maggiori e d’ogni stella)
Che sopporti con casto e puro zelo
Finir la vita sua, d’Amor ribella;
E che stia intatta di sì dolce affetto,
504Se non mentitamente, o al suo dispetto.