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2 | CANTO |
III.
Già l’aquila romana avea perduto
L’antico nido, e rotto il fiero artiglio
Tant’ anni formidabile e temuto
28Oltre i Britanni, ed oltre il mar vermiglio:
E liete, in cambio d’arrecarle aiuto,
L’italiche città del suo periglio,
Ruzzavano tra lor non altrimenti
32Che disciolte poledre a calci e denti.
IV.
Sol la reina del mar d’Adria, volta
Dell’oriente alle provincie, ai regni;
Dalle discordie altrui libera e sciolta,
36Ruminava sedendo alti disegni;
E gran parte di Grecia avea già tolta
Di mano agli empi usurpatori indegni:
L’altre attendean, le feste, a suon di squille
40A dare il sacco alle vicine ville.
V.4
Part’ eran ghibelline, e favorite
Dall’imperio aleman per suo interesse:
Part’eran guelfe, e con la Chiesa unite,
44Che le pascea di speme e di promesse.
Quindi tra quei del Sipa5 antica lite
E quei del Potta6 ardea; quando successe
L’alto, stupendo e memorabil caso
48Che ne gli annali scritto è di Parnaso.
VI.
Del celeste Monton già il sol uscito,
Saettava co’ rai le nubi algenti.
Parean stellati i campi e ’l ciel fiorito,
52E sul tranquillo mar dormieno i venti:
Sol Zefiro ondeggiar facea sul lito
L’erbetta molle e i fior vaghi e ridenti;
E s’udian gli usignuoli al primo albore,
56E gli asini cantar versi d’amore.