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OTTAVO | 133 |
XV.
Già l’uscio aperto avea dall’oriente
La Puttanella del canuto Amante,
E ’n camicia correa bella e ridente
124A lavarsi nel mar l’eburnee piante;
Spargeasi in onde d’oro il crin lucente,
Parea l’ignudo sen latte tremante;
E allo specchio di Teti il bianco viso
128Tingea di minio tolto in Paradiso:
XVI.
Quando alla mostra uscì tutta schierata
La gente. E prima fu l’insegna d’Este,
Che l’aquila d’argento incoronata
132Portar solea nel bel campo celeste:
Or d’uno struzzo bianco è figurata,
Impresa del Tiranno e di sue geste.
Di Sant’Elena il fiore indi seconda,
136Terra di rane e di pantan feconda;
XVII.
E Castelbaldo a cui tributa rena
L’Adige che fa quindi il suo cammino.
Savin Cumani è il duce; e dall’amena
140Piaggia di Carmignano e Solesino,
E dal Deserto, e da Valbona mena
Gente, dove costeggia il Vicentino.
L’armi ha dorate, e nell’insegna al vento
144Spiega un nero leon sovra l’argento.
XVIII.
Schinella e Ingolfo, onor di casa Conti,
Gemelli, e dal Tiranno ambiduo amati.
Dalla Creola e da’ vicini monti
148Guidano dopo questi i lor soldati.
San Daniel, Baone, e le due fronti
Che toccano del ciel gli archi stellati,
Venda e Rua, Montegrotto e Montortone,
152Gazzuolo e Galzignano e Calaone.