Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
126 | CANTO |
LXIII.
Perinto dal destrier ratto si scioglie;
Ma lui non mira più la donna altera
Che declina dal ponte, e si raccoglie
508Dove fuggiano i suoi dalla riviera.
Quivi a Tognon che l’onorate spoglie
Avea tratte a Engheran dalla Panciera,
Prende la mira, e fa passar lo strale
512Dove giunto alla spalla era il bracciale.
LXIV.
Ferito il cavalier si ritraea:
Quand’un altro quadrel gli sopraggiunge,
Che dall’arco gli vien di Semidea,
516E in una gamba amaramente il punge.
Strinse l’asta Celinda, e giù scendea
Là dove Periteo poco era lunge;
Quand’ecco col caval cader nell’onda
520Rotolando il mirò dall’alta sponda.
LXV.
Avventar le compagne all’improvviso
Cento strali in un punto al cavaliero.
L’armi difeser lui; ma cadde ucciso
524Ai colpi di tant’archi il buon destriero.
La sembianza real, l’altero viso,
La ricca sopravvesta, e ’l gran cimiero
Trasser gli occhi così tutti in lui solo,
528Che meglio era vestir di romagnolo.
LXVI.
Qual Telessilla già dal muro d’Argo
Cacciò il campo spartan vittoríoso;
Tal fe’ Renoppia dal sanguigno margo
532Ritrarre il piede al vincitor fastoso.
Come uscito di sonno o di letargo,
Da quell’atto confuso e vergognoso,
Il campo che fuggia, voltò la fronte,
536E fermò le bandiere appiè del ponte.