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SETTIMO 117


XXVII.


La prigionia del duce lor commosse
     A furore e vendetta i Cremonesi.
     Spinsero innanzi, e rinforzar le posse;
     220E s’uniron con loro i Frignanesi:
     Ma il Perugino audace il piè non mosse,
     E stettero in battaglia i Riminesi,
     Dal valor proprio, e dall’esempio degno
     224De’ capitani lor tenuti a segno.

XXVIII.


Il capitan Paolucci a Perdigone
     Fratel di Bosio, che il destrier gli uccise,
     Tirò d’una balestra da bolzone,
     228E con due coste rotte in terra il mise.
     Indi ammazzò col brando Ercol Pandone
     Che se l’ebbe per male in strane guise,
     Perch’era vecchio in guerra, e buon soldato,
     232E nissuno mai più l’avea ammazzato.

XXIX.


Aveva intanto Alessio di Pazzano
     Il buon Omero Tortora assalito,
     Istorico famoso e capitano,
     236Che le Ninfe d’Isauro avean nudrito;
     Quando d’una zagaglia soprammano
     Fu dal Signor di Rimini ferito;
     E ’l ferro al vivo penetrò di sorte
     240Che ’l trasse dell’arcion vicino a morte.

XXX.


E già per ispogliarlo era smontato,
     Quando ei si volge, e ’n sul morir gli dice:
     O tu che godi or del mio acerbo fato,
     244Sappi che morirai via più infelice:
     Vicina è la tua sorte; e ’l tuo peccato
     Già prepara per te la mano ultrice,
     Dove meno la temi; e, quel ch’importa,
     248Teco la fama tua fia spenta e morta.