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SESTO | 103 |
XLVII.
Al primo suon della nemica pesta
Il popolo del mar le spalle diede;
Si restrinse il Tedesco, e fece testa;
380In dubbio il Garfagnin sospese il piede:
Ma la cavalleria giugne, e calpesta
Con impeto e furor la gente a piede;
Nè la picca tedesca o l’alabarda
384Ferma i cavalli armati o li ritarda.
XLVIII.
A Corrado Roncolfo, il capocaccia
Del re, che facea agli altri animo e scudo,
Sovraggiugne Perinto, e nella faccia
388Mette per la visiera il ferro crudo.
A Guglielmo Sterlin nato in Alsaccia,
Tronca d’un manrovescio il collo ignudo;
E Ridolfo d’Augusta, e Giorgio d’Ascia
392Feriti di due punte in terra lascia.
XLIX.
Un giovinetto fier nato sul Reno,
Sul Panaro nudrito, Ernesto detto,
Che col bel viso e col guardo sereno
396Potea infiammar qual più gelato petto;
Vedendo i suoi che già le spalle avieno
Volte a fuggir, da generoso affetto
E da nobil desío di gloria mosso,
400Un destriero affrican gli spinse addosso.
L.
Perinto il colpo del garzone attende;
E all’arrivar ch’ei fa, cala un fendente.
Il destrier che di scherma non s’intende,
404S’arretra come il suon del ferro sente.
All’estremo del collo il brando scende:
Cade in terra il meschin morto repente.
Ernesto che mancarsi il destrier mira,
408Balza in piede, di sdegno acceso e d’ira;