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SESTO | 101 |
XXXIX.
Sospinse il rampognar di quell’altiero
Ognuno incontro al re cui sol restato
Vivo de’ suoi, nel gran periglio, è il fiero
316Leopoldo conte di Nebrona allato.
Morto da cento lance il buon destriero
Sotto il re cadde; ed egli in piè balzato,
Fulmina e uccide di due colpi orrendi
320Petronio ed Andalò de’ Carisendi.
XL.
Berto Gallucci, e ’l Gobbo della lira
Gli sono sopra, e l’uno e l’altro il fiede:
Ma il generoso cor non si ritira,
324Benchè sieno a cavallo, ed egli a piede.
Il Conte che si volge, e ’n terra il mira,
Balza di sella, e ’l suo caval gli cede;
Ed ei, perchè rimonti il suo signore,
328Rimansi a piede, e ’n mezzo all’armi muore.
XLI.
Il Re prende la briglia, e salir tenta;
Ma lo distorna il Gobbo, e gliel contende.
Egli una punta al fianco gli appresenta,
332E colla gobba al pian morto lo stende,
Tognon smonta frattanto, e al re s’avventa
Dietro alle spalle, e nelle braccia il prende;
E Passotto Fantucci, e Francalosso
336E Berto e Zagarin gli sono addosso.
XLII.
Il re si scuote, e a un tempo il ferro caccia
Nel ventre a Zagarin che gli è a rimpetto;
Ma non può svilupparsi dalle braccia
340Di Tognon che gli cinge i fianchi e ’l petto:
Ed ecco Periteo giugne, e l’abbraccia
Subito anch’egli, e ’l tien serrato e stretto.
Ei l’uno e l’altro or tira, or alza, or spigne;
344Ma da’ legami lor non si discigne.