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28 | emilio salgari |
cani rabbiosi alle spalle — rispose Turner, sorridendo. — Vorrei invece sapere che cosa fate voi qui, mentre l’insurrezione indiana rumoreggia spaventosamente.
— Se l’avessimo saputo, ci saremmo ben guardati dall’entrare in questo ginepraio per dare la caccia ai bisonti. Sono trascorse appena tre ore che ci fu detto che Sitting-Bull e Minnehaha, la figlia di Yalla e di Nube Rossa, hanno dissotterrata l’ascia di guerra.
— E l’avete saputo da chi?
— Da Hills.
— Il mio compagno!... — esclamò Turner. — Si è salvato dunque?
— Ohimè, no, Bud — rispose l’indian-agent, con un sospiro. — L’abbiamo raccolto moribondo, scotennato e toccato da parecchie frecce, ed è spirato fra le nostre braccia.
Un grido di dolore e di rabbia insieme era sfuggito dalle labbra dell’uccisore d’uomini.
— Me l’ero immaginato — disse poi, con voce sorda. — Quel disgraziato era nato sotto una cattiva stella.
«Ecco la guerra della prateria!... Custer lo vendicherà.
Stette un momento silenzioso, accarezzando il collo del suo bianco cavallo grondante sudore, poi rizzandosi sugli arcioni, disse:
— Se vi preme la vita, lasciate subito questa prateria e senza perdere un solo istante, poichè io temo che gli Sioux a quest’ora ci abbiano circondati insieme ai bisonti.
«Voi, John, sapete come finiscono queste faccende.
— Con un arrostimento generale — rispose l’indian-agent. — Purtroppo lo so!...
— Ed allora, signori miei, se i vostri cavalli hanno ancora un po’ di fiato, al galoppo!... Cerchiamo innanzi tutto di raggiungere i bisonti, i quali ci faranno ottimo scudo contro i colpi degli Sioux.
— E l’inglese? — chiese Harry. — Lo lasceremo noi qui, senz’armi?
— Quale inglese? — chiese Turner.
— Vi spiegheremo più tardi questa storia — disse John. — Bah!... Lo raccoglieremo passando.
«So dove si trova.
«Sù, un colpo di sprone e cerchiamo di uscire da questa trappola che potrebbe tramutarsi, da un’ora all’altra, in un rogo spaventoso.
— Via!... — comandò Turner.
Quantunque i cavalli non avessero preso che pochi istanti di riposo e da parecchie ore non avessero divorato un filo d’erba, nè mandata giù una sorsata d’acqua, aizzati dagli sproni si rimisero in corsa al piccolo trotto, fendendo coi poderosi petti le altissime graminacee, le quali lasciavano dietro un largo solco.
Sarebbe stata una grande imprudenza esaurirli completamente, perchè non si trovassero sfiatati al momento terribile che doveva infallantemente succedere.