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la scotennatrice | 163 |
L’argilla però di cui erano state fabbricate, e quella specie di cemento, offrivano una resistenza inaspettata. I mattoni non cedevano che sotto un gran numero di colpi e molto lentamente.
Un piccone avrebbe avuto certamente buon giuoco, ma dove trovarlo? Forse nella miniera ve n’erano senza alcun dubbio e chissà quanti; andarli a trovare però, prima d’aver abbattuto quell’ostacolo, era assolutamente impossibile.
— Ne avremo del lavoro! — disse Harry, dopo d’aver picchiato rabbiosamente una buona mezz’ora. — Non credevo che questa muraglia potesse opporre tanta resistenza.
— Questo è un vero bastione — disse John. — Non si sente del vuoto dietro questo primo strato di adobes.
«Come va questa storia, Harry?
— Per soffocare gli incendi si costruiscono, come tu hai ben detto, delle vere bastionate per impedire assolutamente all’aria di penetrare nelle gallerie.
— Avremo noi tanta forza da sfondare questo ostacolo?
— Speriamolo.
— O meglio potremo noi resistere alla puzza orribile che tramandano quei morti? — chiese Turner. — Ecco quello che temo più della fame.
«Se quelle carcasse continuano a disciogliersi renderanno l’aria irrespirabile.
— Mi pare già che entri del veleno nei miei polmoni — disse Giorgio. — Se si potessero distruggere?
— In qual modo?— chiese Turner.
— Col fuoco.
— Per morire asfissiati? La piccola apertura che si trova all’estremità della galleria non sarebbe sufficiente a sfogare il fumo.
— E poi che fetore orribile! — disse John. — Non potremmo resistere.
— Ed allora diamo dentro al bastione — concluse Giorgio, riprendendo la pietra e tornando a picchiare con vero furore.
Le adobes, percosse e ripercosse da quelle quattro pietre, a poco a poco si sgretolavano, ma, polverizzato il primo strato, un secondo se ne presentò e non meno saldo. Fra i quattro prigionieri vi fu un momento di grande scoraggiamento.
Avevano abbandonato il durissimo lavoro e si erano accoccolati intorno ad un altro straccio, il quale bruciava lentamente, quantunque impregnato di grasso, spandendo all’intorno più fumo che luce.
Dalla parte della camera giungevano, ad ondate, sospinti dal filo d’aria che entrava dal fondo della galleria ove era il piccolo pertugio, dei miasmi pestiferi che diventavano sempre più insopportabili e che mozzavano il fiato.