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96 | emilio salgari |
Non si poteva ammettere che avesse paura ad affrontare un orso, fosse pure un grizzly, il più formidabile della famiglia, tanto più che era spalleggiato da tre carabine famose che non avrebbero mancato il bersaglio al momento opportuno.
― Che cosa cercate in alto, John? — chiese Turner.
— Il nostro orso — rispose l’indian-agent. — Io sono più che convinto che si trovi su qualche big-tree anzi che là dentro.
― Ragione di più per prendere d’assalto il suo rifugio — disse Harry.
— Proviamo — concluse John. — Tu con Giorgio impadronisciti della porta e vediamo se combacia.
«Signor Turner, apriamo la via.
Si spinsero innanzi lentamente, tenendo le carabine imbracciate e con gli occhi fissi dentro la tenebrosa apertura che s’affondava nell’albero gigante. Harry e Giorgio avevano presa la porta la quale poteva diventare uno scudo molto efficace, resistente anche agli artigli poderosi d’un grizzly.
― Udite nulla, John? — chiese Turner, quando furono giunti a pochi passi dall’apertura.
— Assolutamente nulla — rispose l’indian-agent, alzando la carabina. ― Il vecchio Jonathan non si trova là dentro.
— E dove sarà allora?
— Chi lo sa? Intanto occupiamo il suo alloggio giacchè se n’è andato.
«Quando tornerà gli diremo che è occupato e lo manderemo a farsi uccidere altrove.
«Entriamo liberamente: non vi è alcun pericolo da affrontare almeno per ora.
«Chi ha un pezzo di torcia d’ocote?
— Ne ho due ancora nel mio sacco — disse Giorgio.
— Accendine una e andiamo a prendere possesso del nostro palazzo.
X.
Il gigantesco vegetale era stato magnificamente scavato in un modo da formare una comodissima sala capace di contenere anche due dozzine di persone.
Delle asce, poderosamente maneggiate, avevano lavorato accanitamente nel corpo del colosso, lisciando abbastanza accuratamente le pareti se non la vòlta, la quale appariva frastagliata singolarmente.