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— Noi siamo servi di Antonio Dalvy di D.., — disse Bellia, con certa boria. — Andiamo in cerca di puledri e giumente, che il nostro padrone compra. —
Il vecchietto sollevò gli occhi.
— Oh? Io ho una giumenta! Volete comprarla?
— Come l’avete?
— Come l’ho? Come si hanno le cose del mondo.
— Non sia raspis, raspis! — disse Bellia, facendo ondeggiare e poi piegando le dita della mano destra1. E rise.
— Tu possa fare il riso della melograna2, — gridò indignato il vecchietto. — Me l’hanno data, la giumenta. L’anno scorso è venuto alla festa un signore ricco, ricco. Era alto così, come me e te sopra di me, con una barba lunga che pareva un fascio di raggi di sole. E gli occhi in colore del cielo. Era un signore che è sardo, ma vive in terra ferma anzi fuori del regno. (Forse era il Marchese di Mores). Basta, si divertiva molto e guardava ogni cosa con tanto d’occhi, e ballava, e beveva poi! Basta, aveva questa giumenta,