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nessuno mi ha detto mai che dovevo lasciar stare e morire di fame. —

I due guardaboschi parvero commuoversi.

— Ma che volete, caro mio, ora la legge è così, e bisogna rispettarla. Per questa volta andate pure, ma badate di non farvi incontrare altra volta. —

Invece lo incontrarono molte altre volte, e alla fine, un giorno, gli tolsero il carico e lo dichiararono in contravvenzione. Essi non erano cattivi, anzi avevano compassione del povero uomo, ma che volevano farci? Era il loro dovere obbedire alla legge. —

Zio Chircu continuò tuttavia il suo mestiere, ma con somma prudenza: s’internava nei luoghi più selvaggi, dove non s’udiva neppure il chiù, chiù dell’uccello silvano. Anche il toc, toc, dell’albero scosso dall’accetta risuonava timido, a intervalli: parea che ogni tanto la pianta fremente, si quietasse in pauroso ascolto. Zio Chircu intanto fu tradotto davanti al pretore del paese, e condannato a una gravissima multa, perché tutti i testimoni, padroni della foresta, dichiararono ch’egli era uno dei più grandi e assidui devastatori del bosco.

Egli doveva scontare questa multa in carcere. Gli pareva un orribile sogno, e soffriva come mai aveva sofferto in vita sua: in po-