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oggetto aveva svolto le sue domande esaurienti, contentandosi delle spiegazioni, più o meno chiare, di Matteo e della fantesca.

Nei quattro giorni trascorsi non aveva pianto una sola volta, non chiesto di partire nè di rimanere. Pareva possedere in sommo grado la virtù di adattamento, e godere spensieratamente l’ora presente. Sapeva che suo padre doveva giungere fra poco, ma non temeva il suo arrivo.

Matteo si convinceva sempre più che il piccino doveva aver subìto grandi maltrattamenti se, essendo così tranquillo, così paziente, così educato per istinto, era scappato di casa.

A che pensava intanto?

— Domani, forse oggi, arriva tuo padre, — gli disse Matteo, — arriva e ti prende con sè.

— E dove mi porta?

— Ma! A casa, da Lauretta.

— No, mi lascia qui — disse tranquillamente Gino.

Lo stesso sogno di Matteo aveva dunque conquistato e tranquillizzato la piccola anima.

Matteo ne provò una strana gioia, un lieto presentimento di bene. Non restava che attendere il Lauretti. Ogni volta che si picchiava alla porta, Matteo sentiva battere con violenza il cuore e cambiava colore.