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Ella tacque, evidentemente impaurita da queste ultime parole.
— Faccia quello che crede — disse sforzandosi a parer fredda, e se ne andò.
Matteo scrisse al Lauretti una lunga lettera abbastanza dura e severa, stigmatizzando apertamente la sua condotta, e dicendogli che, poichè non era buono lui, altri d’ora in avanti avrebbero vigilato sul piccino.
Queste parole però, scritte inconsciamente, gli diedero ancora quel senso di gelo, di vuoto, che lo assaliva al ricordo della sua prossima fine.
Ah, egli doveva morire: chi dunque poteva vegliare sul bimbo?
Anche quel giorno restò a casa, sempre in compagnia del grazioso Gino. Le ore gli scorrevano rapide, quasi serene, in un oblìo vago della sua sorte.
Verso sera gli fu recata una lettera di Luigina. La donna, paurosa di quanto poteva accadere se il padrone veniva a conoscer intera la verità, si faceva umile e supplichevole, pregando Matteo di non comprometterla, e promettendo di esser d’ora in avanti affettuosissima col piccolo fuggitivo.
Matteo diventò pensieroso:
— Se la credessi? Se me ne lavassi le