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Matteo provò uno strano imbarazzo, e non trovava parola per rassicurare il muto spavento del bimbo. Fu questo che parlò per il primo, balbettando, cercando di sciogliersi dal braccio col quale Matteo lo circondava, e tentando slanciarsi giù dalla panca e fuggire.
— Lasciami... lasciami andare...
— Non aver paura, carino — disse Matteo rattenendolo. — Io ti voglio bene. Senti. Non fuggire, carino. Ti ho visto dormire qui, solo solo, di notte, e siccome in questo bosco ci sono delle cattive bestie ho voluto svegliarti.
— Cattive bestie? Dove sono? — chiese il bambino, restringendosi in sè, e tremando un po’ anche per il freddo.
— Dove sono? Sono nascoste qua e là ed escono più tardi.
— E come sono?
— Sono... sono così, come lucertole, serpentelli...
— Serpentelli! — esclamò il bimbo, che, svegliato completamente, ricordava ogni cosa. — Ma noi ne abbiamo uno di serpentello. Verde, sai, così lungo, guarda — . Con le manine accennò una lunghezza di circa tre palmi. — E chiappa i sorci, sai, e se li mangia. —
Matteo gli prese le manine, fredde e morbide, e gli chiese con voce insinuante: