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Jorgj gemè come una bestia ferita. L’ingegnere dovette sentire qualche cosa perchè s’accostò alla finestra; ma Jorgj s’era bruscamente tirato indietro e non fu veduto. Egli vide il quadrato di luce sparire dallo stradale, s’accorse che gli sportelli della finestra erano stati chiusi, e gli parve di precipitare in un pozzo buio e profondo. Allora fu preso da una rabbia immane, da una grande vigliaccheria. Si gettò sulla porta della cantoniera e picchiò forte. Voleva svegliare zio Gavino, chiamarlo, gridargli:

— Guardate ciò che accade in casa vostra, guardate, vecchio montone! —

Ma appena ebbe picchiato scappò via, attraverso lo stradale, via per il bosco buio. Un’altra idea ben più feroce lo sospingeva: egli avrebbe ammazzato l’ingegnere.

Dall’alba Jorgj Preda, appostato dietro una fratta, a un quarto d’ora di distanza dalla cantoniera, armato terribilmente, aspettava che passasse l’ingegnere per tirargli un’archibugiata numero uno.