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Fin qui niente di male, sebbene non ci fosse da stare contenti. Graziosa e svelta Nanìa depose il boccale accanto al rozzo lavabo, poi si fermò vicino all’ingegnere che le diceva qualche cosa. Perchè si fermava quella fraschetta? Perchè non se ne andava via subito? Perchè parlava col signore? Jorgj Preda non udiva nulla; d’altronde le orecchie gli zufolavano e anche fosse stato dentro la camera non avrebbe udito niente, tanto la gelosia e la collera lo stordivano.
Ah, non v’era più dubbio, non v’era più dubbio!.. Nanìa lo tradiva, a Nanìa piacevano i bei signori puliti e ricchi, anche se non tanto giovani...
Jorgj sentiva il sangue montargli alla testa; voleva gittarsi sui vetri, romperli coi pugni, e gridare: son qui io! voleva correre alla sua capanna, armarsi d’archibugio, tornare, ammazzare quel signore che gli rubava la vita, l’anima, ma non si muoveva.
Ah, ciò che egli vedeva, ciò che egli vedeva! Credè d’impazzire, si torse tutto, d’un balzo fu nuovamente vicinissimo alla finestra. L’ingegnere accarezzava Nanìa con le sue bianche e delicate mani, le sfiorava i capelli, le sorrideva, le parlava, la baciava! Capite, la baciava! Ed ella lasciava fare, e sorrideva e piangeva nello stesso tempo.